Sono andato a Sarno tre giorni dopo l’alluvione del 5 maggio. Nel Palazzetto dello Sport ho reso omaggio alle oltre cento salme dei concittadini travolti dalla furia del fango. Con oltre ventimila persone, tra cui i Presidenti della Repubblica e del Consiglio, ho partecipato ai funerali collettivi celebrati nello stadio per tutti i morti recuperati.
Ho ripercorso a piedi, fino alla montagna omicida, tutte le strade investite dalla sua furia, tra spazi senza case, rovine di ville e palazzi, scavatrici, uomini della Protezione Civile, volontari, giornalisti, vigili del fuoco, forze dell’ordine, sopravvissuti.
Le immagini televisive non rendono lo sconvolgimento dei luoghi e il senso di sgomento che, più di altri, prova chi in quei luoghi è vissuto. La montagna è come graffiata: da mostruosi ed enormi artigli. Fango, rocce e detriti hanno interamente travolto case antiche e moderne, tronchi d’alberi, muri di recinzione, sostegni. Le scuole dell’intera città ospitano centinaia di famiglie, prive ormai della casa e dei beni.
L’ospedale è inagibile e semisepolto. Il grande mercato, cuore dell’economia agricola della città, oggi ospita il Pronto Soccorso, i Servizi di emergenza, le basi della Protezione Civile. Sorte analoga vive l’ampio spazio che fino a tre settimane fa accoglieva la fiera del giovedì, animata da banchi di vendita degli ambulanti e da migliaia di acquirenti provenienti anche dai paesi vicini.
Le attività artigiane e zootecniche sono annientate. I campi della piana pedemontana sono coperti di fango. Perfino il cimitero è ormai un irreale lago di fango.
Provo un angoscioso senso di sofferenza e pietà: per i morti, le case sepolte, le memorie, i luoghi annullati; per gli orfani, i padri senza famiglia, le madri sottratte ai figli, le coppie spezzate, i nonni senza nipoti.
Sarno è oggi un monito tragico, per l’intera Nazione. Più di ieri, è richiesta a tutti una più attenta ricerca sulle leggi della natura, una cura maggiore dell’equilibrio ambientale, condizioni di vita più sicure per le comunità esposte ai rischi delle calamità naturali.
Esprimo sentimenti profondi di gratitudine al settimanale «La Pagina» di Zurigo, per la solidarietà manifestata in favore della mia sventurata città.
( “La Voce della Scuola Italia – Svizzera”, giugno 1998 )