Da una recente ricerca dell’istituto Cattaneo di Bologna  risulta che i giovani studenti italiani  presentano un preoccupante deficit di risorse civili (soprattutto per il concetto di identità, l’orgoglio nazionale, la identificazione nelle istituzioni).

I giovani manifestano orgoglio per i campioni sportivi, ma non per le istituzioni del nostro Paese; e nei comportamenti sono in genere diffidenti, tolleranti verso l’illegalità, talvolta poco leali, tesi al calcolo dell’interesse personale.

Ancor piú preoccupanti appaiono i dati relativi all’infanzia, riportati in un recente libro di Raffaele Simone. Scrive il noto linguista che “tra bambini e civitas si è ormai raggiunta un’estraneità che puó sconfinare nell’avversione e nell’odio reciproci”.  Ed aggiunge che molti bambini non solo appaiono spesso “hooligan di piccola taglia, bombe cariche di esplosivi desideri prematuramente eccitati”, ma diventano anche ansiosi, crescendo, di “arrivare a consumare in modo autonomo, disponendo di denaro proprio”.

A tali analisi, dalle tinte assai fosche, occorre anche aggiungere la complessità sociale del nostro Paese, accresciuta dall’afflusso sempre maggiore di persone straniere e di culture non di rado nettamente in contrasto coi nostri usi e costumi.

La carenza dei valori civili è da piú parti attribuita allo spregiudicato uso dei mezzi di comunicazione di massa, soprattutto della televisione (i cui pervasivi “programmi-spazzatura” sembrano voler confermare la profezia di Popper della TV “cattiva maestra”).

Ma anche la famiglia viene spesso additata come corresponsabile della nostra scarsa maturazione civile.

Nel “familismo amorale” (analizzato nel Sud Italia, cinquant’anni fa, dall’americano Banfield  ed ampiamente diffuso, oggi, anche nelle regioni del Nord) molti ritrovano inquietanti concause della dissociazione da ogni etica pubblica.

Gli osservatori piú attenti confidano quindi, per la speranza di  un riscatto civile, ancora una volta nella istituzione scolastica. Gli insegnanti ed il ceto istruito hanno, infatti, incrementato per anni la vitalità culturale in Italia. E continuano a farlo, a fatica, in una realtà (sempre piú invasa da comunicazione e consumi) che attrae ed “educa” molto piú della scuola.

“Insegnare è un martirio”, osservava S. Tommaso d’Aquino. Ed è certo per questo che, oggi piú che in passato, i docenti meritano considerazione e fiducia.

A Milano l’Associazione nazionale “EducaCi” (fondata da Valeria Pellecchia Pratelli e sostenuta  da soci onorari del prestigio di Roberto Piumini, Raffaele Simone, Rinaldo Gianola, Roberto Denti e Lionello Turrini) ha pubblicamente proposto di introdurre, come disciplina autonoma, l’”Educazione civile” nei programmi della scuola italiana.

Si tratta di una innovativa proposta, tesa a correggere uno dei tanti guasti prodotti dalla riforma Moratti: la definitiva eliminazione della disciplina “Educazione civica” (abbinata, nei precedenti curricula,  all´insegnamento della disciplina “Storia”, in un unitario corpus didattico che comprendeva anche “Italiano” e “Geografia”).

E´ auspicabile che molte scuole italiane (in attesa della revisione generale che un rinnovato Parlamento vorra´ adottare dei percorsi curricolari)  facciano propria la proposta formativa di “EducaCi”.

La scuola media statale “Tiepolo” di Milano e´, per ora, la prima istituzione scolastica a farsi sperimentalmente carico,  dal prossimo anno,  della domanda nazionale di Educazione civile.

Essa ha infatti raccolto la proposta presentata nel capoluogo lombardo dall´Associazione “EducaCi” (EducaCi@email.it) e, attraverso l’ora settimanale opzionale consentita dall´attuale riforma,  ha dato fiducia e mandato ai propri docenti di “Lettere” affinché restituiscano concretezza e sostanza a una disciplina fondamentale che avvicinerà gli alunni alle educazioni seguenti: costituzionale, alla cittadinanza democratica e pluralista, alla legalità, alla non-violenza e alla pace, alla identità storico-artistica, a quella ambientale ed ecologica, a quella televisiva e multimediale.

Per contribuire a costruire, auspicabilmente, un “buon cittadino” per una rinnovata Repubblica democratica.

                                                                                                    (“Eventi”, gennaio 2006)