Gli Organi collegiali della scuola media Parini di Torre Annunziata hanno giudicato opportuna, per gli alunni più diligenti delle classi terze, la lettura di due opere letterarie di Michele Prisco: La provincia addormentata, del 1949, e Il Pellicano di pietra, premio selezione Campiello 1996.
I risultati del laboratorio di lettura, degnamente coordinato dai docenti di Italiano, sono in parte contenuti nelle relazioni pubblicate alla pag. 5 di questo numero. Da Napoli lo scrittore è venuto a scuola a dialogare coi giovani lettori dei suoi due volumi (da lui definiti “l’alfa e l’omega di un itinerario di lavoro”). Ha ricordato l’ispirazione dei racconti dell’opera prima: la malinconia, l’elegia, l’amore quasi viscerale per i luoghi che lo formarono, “come uomo prima che come scrittore”. Ha rievocato le pinete, “così fitte, così odorose di resina”, la natura e il verde del paesaggio vesuviano, gli odori del gelsomino e del glicine. Ha ripercorso gli anni in cui scrisse le opere più care, le sue esperienze di critico e giornalista., le ricerche stilistiche, il rapporto con il lettore (non più “spettatore”, come nell’Ottocento, o “collaboratore” come nel Novecento, ma “persona da immergere nella complessità della vita”).
A un alunno, che chiedeva i motivi di ispirazione del Pellicano di pietra, Prisco ha detto che la vicenda agghiacciante della madre che uccide la figlia è ripresa da una tragedia realmente avvenuta in Brianza, nel Nord-Italia. Ma che un episodio così efferato, che supera i rapporti di sangue (“e che può verificarsi anche qui”), lo ha aiutato a esprimere il dolore di fronte allo sconvolgimento dei luoghi, alla crudeltà dell’uomo verso l’ambiente. “La società emergente del libro – egli ha aggiunto – è quella che può condurre alla violenza, alla umiliazione della qualità umana”.
L’ho osservato a lungo, mentre parlava agli adolescenti e ai docenti. Mi ha colpito la sua bella figura di settantasettenne senza rughe, elegante, naturalmente solenne. Mi ha soprattutto affascinato la sua saggezza, il suo ragionare con realismo su una società che stravolge e trasforma anche nei comportamenti, sull’arroganza dei ceti emergenti, sul benessere che ha indebolito la humanitas, sulla TV violenta che abitua all’indifferenza (“l’indifferenza è la colpa più grande dell’uomo: verso se stesso e verso la società”).
«La Voce della scuola Nord-Sud» nacque con un articolo di fondo di Prisco, intitolato Segno di speranza. Da allora, le scuole gemellate che hanno dato ininterrotta vita al periodico hanno ospitato, per le loro comunità, personalità di elevato livello culturale e civile (a Milano: Piumini, don Rigoldi, Smuraglia, Mantovani, Martello, Barbato, Massa; a Torre Annunziata: Dini Ciacci, Nunziante Cesaro, Coppola, Lamberti Sorrentino, Borriello, Almoto, Carillo, Del Gaudio). Fra tutte, la figura di Michele Prisco spicca per la più antica e ieratica “qualità umana”. È bello rendere omaggio a questo grande scrittore italiano, oggi che il nostro periodico conclude cinque anni di vita.
( La Voce della Scuola Nord-Sud, maggio 1997 )
VINCENZO CUTOLO