Goffredo Locatelli
Ci sono vari modi per narrare le storie (immaginarie o vere).
C’è la biografia, che ripercorre in modo progressivo e lineare l’esistenza o le vicende di un popolo o di un personaggio.
C’è la finzione di un documento, come il “manoscritto” da cui Alessandro Manzoni attinse per la vicenda del suo romanzo.
C’è la costruzione di un linguaggio inventato, come nelle “Passioni dell’anima” di Raffaele Simone, in cui l’autore restituisce abilmente la lingua filosofica di René Descartes.
E poi c’è la geniale letteratura, resa celebre da Edgar Lee Masters, in cui a narrare le storie e le vicende umane sono le accorate “confessioni” dei morti.
Per narrare la storia di Sarno, dalla fine dell’Ottocento a oggi, Goffredo Locatelli ha scelto – nel suo ultimo libro, “Interviste con i morti” (ed. Buonaiuto, 2020) – i modi narrativi dell’”Antologia di Spoon River” utilizzando una gradevolissima prosa in elegante e piacevole stile.
Come nel toccante e umano poema di Lee Masters, anche in quest’ultima opera di Locatelli a parlare della vita sono, infatti, i defunti.
Defunti provenienti dalle estrazioni sociali più disparate: nobili, borghesi, artigiani, operai, contadini, professionisti, sindaci, proletari in miseria.
E come già nella poesia “Città vecchia” d Umberto Saba, Locatelli in questo libro attraversa la vita di “gente che viene e che va”, trovando (grazie alle sue immaginarie interviste) “l’infinito nell’umiltà”.
A parlare dalle tombe sono i benemeriti della città, gli artisti e i letterati, i politici da ricordare, gli imprenditori, i magistrati, i patrioti, le vittime del dovere, i civili morti nella guerra mondiale, i trenta sindaci, le storie di dieci donne e dieci uomini “non illustri”, i morti della cronaca nera, le 161 persone uccise dalla frana del 5 maggio 1998.
Buona parte del libro è occupata dal capitolo contenente le “confessioni” dei trenta sindaci (da Giacinto Normandia, primo cittadino sarnese ai tempi dell’Unità d’Italia, fino all’avv. Gaetano D’Ambrosio morto nell’anno 2018). Sono pagine che, più di tutte, compongono un ampio mosaico della vita politica e sociale della città, da sempre attraversata e ferita da lotte, ideologie contrastanti, violenze, azioni talvolta “disumanate”.
Auspico che il libro venga letto soprattutto dai giovani. Conoscere ciò che eternamente dorme alle nostre spalle può, infatti, aiutare a comprendere meglio la realtà presente, a leggerla con più attenzione, ad affrontarla in maniera adeguata.
Locatelli è un affidabile giornalista, uno storico insigne. Dobbiamo a lui importanti libri di denuncia civile e di coraggiosa indagine illuminante.
Credo che questo suo prezioso volume possa costituire, per tutti, non solo un contributo di valore “storico”, ma anche e soprattutto una testimonianza di valore umano. Colpiscono profondamente in esso, infatti, le tante e accorate “voci degli umili” della città: “tutte creature della vita e del dolore”, come scrive Saba.
Creature che elevano il pensiero “a farsi più puro, dove più turpe è la via”.
VINCENZO CUTOLO