Il nuovo libro di Alberto Mirabella Antologia di ricordi (Edizioni Bruno- Libri, Salerno, 2014) non è un libro di memorie, nel senso che non offre i ricordi della vita dell’autore (di una o di tutte le alterne fasi della sua esistenza). Non è neppure un romanzo, in cui l’autore racconti – attraverso personaggi inventati – uno spaccato immaginario di vita.
Il nuovo libro di Mirabella è un saggio linguistico “sui generis”, un interessante esercizio–studio su una consistente summa di “aforismi, filastrocche, giocattoli, giochi, mestieri, soprannomi”, che – relativamente ai soprannomi – completa ed integra la precedente ricerca pubblicata nel 2013.
Grazie al nuovo libro è possibile, anche per me nato a Sarno (la cittadina protagonista della ricerca), essere all’improvviso catapultato negli anni dell’infanzia, nei momenti in cui la mamma mi intratteneva – in attesa che tornasse da Napoli, dal lavoro, mio padre operaio delle ferrovie – con la
filastrocca Batte ‘e mmane ca vene papà…, oppure il mio nonno paterno mi dondolava sulle sue ginocchia recitando Seca, seca, mastu Ciccio, ‘na panella e ‘no sasiccio…, facendomi alla fine cadere sul materasso tra risate liberatorie.
Il libro analizza 84 filastrocche, 46 giocattoli, 119 giochi, 14 mestieri, modi di dire, 11 nomi di animali, 76 nomi di cose, 3 personaggi, 3 ricordi, 144 soprannomi e 22 oggetti. Il modello principale del testo è quello del Grande Dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia, edito da Utet. Mirabella, infatti, offre vari esempi di uso letterario delle parole analizzate e così, tra chi ne ha fatto uso, troviamo – tra gli altri – Alighieri, Alvaro, Ariosto, Bacchelli, Basile, Belli, Calvino, Camilleri, Caproni, Cassola, Comisso, D’Annunzio, De Amicis, De Filippo, Di Giacomo, Foscolo, Gadda, Gatto, Manzoni, Montale, Moravia, Panzini, Pascoli, Pasolini, Pirandello, Poliziano, Sanguineti, Sbarbaro, Serao, Sinisgalli, Svevo, Verga, Viviani.
L’analisi dei singoli termini e locuzioni è operata dall’autore – oltre che con riferimento all’uso letterario – anche e soprattutto con riferimento all’etimologia e alla radice delle parole (che spesso pervengono a lingue territorialmente lontane quali l’aramaico, il greco, il latino, il provenzale, il germanico, addirittura l’assiro–babilonese).
Mirabella studia l’uso dei termini e delle locuzioni con riferimento maggiore a Sarno, suo luogo di origine, ma amplia la ricerca – grazie proprio alla radice e all’etimologia delle parole – a territori e luoghi oltremodo lontani.
Ciò fa del testo un “libro corale”, in cui a parlare sembra in definitiva essere il popolo, coi suoi modi di dire, le sue peculiarità espressive, i suoi soprannomi.
La coralità del libro è anche testimoniata dall’ospitalità che – all’interno di esso – trovano talune rievocazioni e analisi scritte da altri: da Antonio Gallo per la descrizione dell’infanzia trascorsa tra i cortili di via Fabricatore e la tipografia del padre; da Angelo Mancuso per la descrizione di alcuni giochi infantili e dell’officina del nonno; da Amilcare Mancusi per il ricordo dei colori e delle vernici usati dal padre artigiano; da Ettore Locatelli per la magistrale rievocazione dell’evoluzione di Sarno dal secondo dopoguerra ad oggi.
Nel libro ci sono anche poesie di G. Di Filippo, E. Mancusi Anziano, R. Bracale, A. Petti, C. Granato, G. D’Amiano, oltre a pagine riprese dalla Storia di Sarno e dintorni di S. Ruocco e a riferimenti alle pubblicazioni di R. Salerno, G. Mazza, O. Ferrara , F. Salerno e altri.
Le analisi che ho trovato più interessanti sono quelle relative ai giochi. I giochi infantili studiati da Mirabella sono prevalentemente giochi di competizione (solo talvolta – secondo lo schema di Roger Caillois – sono anche giochi di alea o di vertigine). Scrive Mirabella: “Ci si divertiva molto all’aperto. Si giocava a nascondino; si disegnava per terra un rettangolo con tanti riquadri numerati e si giocava a ‘Mondo’ con regole precise… Ci si sfidava con una corda in gruppo: due giocatori la facevano girare e gli altri, a turno, saltavano… La storia del giocattolo si intreccia perciò con varie ‘storie: l’evoluzione dell’idea dell’infanzia, la storia del costume, la differenza di genere, i diritti dei bambini, la civiltà dei consumi e delle comunicazioni di massa, etc.…”.
Certo, i ragazzi di oggi non fabbricano più i loro giocattoli con legno, frammenti di vetro, proiettili di carta arrotolata, elastici di gomma, ruote, barattoli di latta. Essi comunicano con chat, sms, mail, facebook, twitter. Forse essi sono soli con se stessi, prevalentemente in compagnia di giochi elettronici e computer. E forse sarebbe opportuno che leggessero con amore e attenzione questo bel libro di Mirabella, al fine di riscoprire gli anni “difficili” dei loro genitori e nonni, in cui comunque vigeva la solidarietà e l’accontentarsi di poco.
( Facebook, dicembre 2014 )
NOTA – Conclusi il mio intervento di relatore, alla presentazione del libro “Antologia di ricordi” di Alberto Mirabella, con i versi di Vincenzo Cardarelli sui ricordi.
Il grande poeta italiano definisce i ricordi “ombre troppo lunghe del nostro breve corpo”. Vuol dire che le ombre dei ricordi sono talmente tante, che – quando si affollano nella nostra mente – trovano a stento spazio sufficiente per esservi tutte contenute. Le ombre dei ricordi, di cui parla Mirabella nel suo libro, sono quindi uno dei tanti aspetti della possibilità umana del ricordare e costituiscono, nella nostra convulsa esistenza, un’oasi recante freschezza e riposo, come ombre dopo una faticosa corsa sotto il sole bruciante della vita.
Preferisco vedere nel passato un’oasi di riposo, come sotto una provvidenziale ombra di vita.