- 1. Una volta, a Milano, un docente mi chiese se il fenomeno del bullismo fosse presente anche nella scuola del ventennio fascista, quella organizzata in modo quasi militare (quella in cui gli alunni – considerati proprietà dello Stato – erano divisi in figli della lupa, balilla, avanguardisti, giovani italiani; quella il cui motto era “scuola e moschetto”; quella in cui vigevano regole di obbedienza assoluta alle autorità sia civili che religiose; quella scuola, infine, la cui struttura portante era il mito della forza, della potenza razziale, dello spirito di conquista, dei fasti imperiali dell’antica Roma).
A quell’insegnante feci notare che il fenomeno del bullismo era di certo molto presente anche in quel tipo di scuola, così come esso è sempre presente fra i giovani militari (dove è noto col nome di “nonnismo”).
Già nella scuola dei primi anni dell’Unità d’Italia troviamo esempi celebri di bullismo. Il più noto è quello del ragazzo di cognome Franti, di cui parla Edmondo De Amicis nel suo libro “Cuore”: un alunno difficile, aggressivo, disobbediente, refrattario alle regole.
A causa del suo comportamento indomabile, quel ragazzo viene definitivamente espulso dalla scuola (anzi viene espulso anzitempo addirittura dal libro, considerato che di lui il De Amicis non parla più da un certo punto della narrazione fino alla fine).
C’è voluto, negli anni Sessanta del Novecento, un acuto saggio di Umberto Eco (intitolato “Elogio di Franti”) per ammonire che, a scuola, il problema dei ragazzi difficili non si risolve con la repressione o l’espulsione e il rigetto, ma utilizzando l’analisi psicologica, l’attenzione al disagio che incattivisce i ragazzi, la comprensione delle difficoltà che essi incontrano nei rapporti con gli altri, lo studio profondo della loro provenienza sociale.
- Per fronteggiare il fenomeno del bullismo (e del cyberbullismo, oggi sempre più attuale e preoccupante), l’Istituto superiore Giorgi-Woolf ha scelto la strada dell’intervento strutturato e coordinato, nel solco delle linee maestre della nostra scuola democratica e repubblicana. L’Istituto ci ricorda che il ragazzo difficile, quello che vive con disagio la scuola, va dall’intera comunità scolastica aiutato a convivere coi compagni e col mondo esterno.
E il bel libro, che raccoglie il percorso educativo dell’intervento progettuale e i positivi risultati raggiunti, è di lettura preziosa e pregevole. Doveroso è per noi, quindi, congratularci con l’intera comunità dell’Istituto: la preside, gli alunni, i genitori, la psicologa, soprattutto i docenti (in primis i docenti referenti del progetto formativo).
Per tutti, cito l’ottimo intervento della preside Tropea, pubblicato alla fine del libro, in cui la dirigente scolastica indica – quale modello educativo – il principio di solidarietà, perseguito con saggezza dalla “scuola di Barbiana” di don Lorenzo Milani.
- La scuola è l’organo più importante della nostra società, come lo è il cuore per il nostro organismo.
Al cuore arriva un piccolo, ma ininterrotto fiume di sangue (attraverso arterie, vene, capillari, meandrici percorsi). E quel sangue vitale – prima di essere rinviato alle arterie, ai capillari e alle vene – viene accolto, riossigenato e rigenerato.
Così è per la scuola. Essa accoglie fiumi di adolescenti, fanciulli, giovani, provenienti da svariate e diverse origini. E li arricchisce e plasma (col suo peculiare “ossigeno” culturale), per restituirli poi alle arterie e alle vene della società, affinché vivano come cittadini responsabili, portatori di civiltà rinnovata.
Tuttavia, come per il cuore, anche per la nostra scuola possono sorgere impedimenti. Possono comparire – per il cuore – virus, malattie, disfunzioni di organi (e per questo esso riceve cure salutari e idonee, perché se ne conservi la funzione vitale).
La scuola, a sua volta, provvede a far fronte agli impedimenti con gli strumenti della cultura, dell’esperienza, uniti alla difficile arte della pazienza e della costanza (San Tommaso d’Aquino diceva, saggiamente, che “insegnare è un martirio”!).
Il bullismo e il cyberbullismo sono oggi fra i maggiori virus e impedimenti dell’istituzione scolastica. Ed è di vitale importanza che tali fenomeni vadano adeguatamente fronteggiati e curati, per evitare perniciose ricadute sociali.
- La scuola viene spesso accusata di non fare abbastanza per la cura delle generazioni più giovani.
Le si imputano, ad esempio, la diffusa povertà di linguaggio, il dilagare dell’analfabetismo, l’inurbanità, la scostumatezza, l’anarchismo violento di numerosi ragazzi, l’evasione (oltre agli errori grammaticali. presenti sui social network e spesso anche nell’informazione di massa!).
Occorre, però, ricordare che alla formazione del buon cittadino non concorre soltanto la scuola. Un ruolo di fondamentale importanza vi giocano anche la famiglia, le istituzioni, l’informazione, la politica.
In una società nella quale l’informazione televisiva e il dibattito politico sono sempre più caratterizzati da violenza verbale, scontri, toni alti e aggressivi, volgarità, insulti; dove il cinema privilegia spesso atmosfere di violenza sempre più estreme; dove il calcio (lo sport più popolare fra tutti) inneggia alla rissa e al conflitto, risultano ben comprensibili le difficoltà che quasi rischiano di sommergere la nostra istituzione scolastica.
L’aggressività proveniente dai cattivi modelli si lega spesso, nei giovani, all’aggressività congenita che è presente in ciascuno di noi (la psicanalista austriaca Melanie Klein ci ha ricordato che già il bambino, in fasce, esprime aggressività dando morsi al seno della madre!).
E non deve destare meraviglia il fatto che, nella scuola, il soggetto aggressivo si sfoghi su quello più debole o cerchi di conquistare con atteggiamenti incivili la leadership e il controllo del gruppo.
Così come non deve meravigliare neppure il pernicioso e penoso comportamento dei cosiddetti alunni “spettatori passivi” o “complici”, animati da sentimenti di paura e viltà.
- La scuola è generalmente lasciata sola di fronte al fenomeno del bullismo.
Per questo essa è indotta a chiedere maggiore aiuto, sia alle istituzioni che alle famiglie.
Se l’Istituto superiore Giorgi-Woolf ha oggi saputo coinvolgere, nel progetto educativo di contrasto al bullismo e al cyberbullismo, sia le famiglie che le istituzioni (fra queste: la Regione, le forze dell’ordine, i giuristi, la magistratura, la scienza), noi dobbiamo proficuamente prenderne atto.
I risultati conseguiti da questa scuola costituiscono infatti, a mio avviso, un incoraggiante e positivo segnale, un segnale di fiducia e progresso, un seme fecondo (gettato in una società sempre più sofferente), che fa ben sperare in un miglioramento generale dell’educazione civica dei nostri giovani.
( Facebook, 2019 )
NOTA – L’intervento fu da me pronunciato, in qualità di presidente di “EducaCi”, il 24 maggio 2019, nella sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in occasione di un convegno organizzato dall’Istituto superiore Giorgi-Woolf di Roma .