Il dibattito su “Scuola, tolleranza, solidarietà”
Alla “Ferraris” di Milano
E’ stato per me un onore, la sera del 29 aprile, coordinare l’incontro-dibattito organizzato dalla scuola media “Ferraris” nella sua palestra, a Milano, sul tema “Scuola, Tolleranza, Solidarietà”.
Devo aggiungere che ho avuto la fortuna, come Preside, di iniziare la mia carriera proprio in quella scuola, così avanzata, così ricca di elevata professionalità e oggi protagonista – a livello nazionale – di un’innovazione didattica caratterizzata da intelligenza, sagacia, modernità. Tali positive caratteristiche sono state anche sottolineate, all’inizio dei lavori, dal Presidente del 17° Consiglio circoscrizionale Paoletti, il quale ha ricordato il grande impegno profuso dalla comunità della Ferraris sul territorio.
L’INTERVENTO DELLA PROF. MANTOVANI
La prima relazione è stata svolta dalla prof. Susanna Mantovani, docente di Pedagogia sperimentale all’Università di Milano. Ella ha precisato di avere accolto l’invito soprattutto perché il tema del dibattito le ricordava la sua prima infanzia a Parma e la tragica impressione suscitata, in lei, dai bambini che in quegli anni circolavano per la città.
“Guardando quelle immagini di distruzione – ella ha detto – mi chiedevo da dove potessero venire l’odio e la xenofobia”. Ha poi rievocato la sua formazione laica “all’ombra di Voltaire” e la scelta degli studi di Filosofia.
Ricordando le definizioni che i dizionari danno dei termini “tolleranza” e “solidarietà”, ella ha messo in evidenza il fatto che molte persone affermano di essere tolleranti “solo con persone che sono tolleranti”, dimenticando che la tolleranza è un concetto assoluto (“di particolare interesse è soprattutto l’essere tolleranti con chi non lo è con noi”).
La pedagogista ha poi riferito i dati di una ricerca, condotta nelle scuole materne mediante interviste-questionari con circa 300 insegnanti, e ha rivelato di aver riscontrato tre gradi di tolleranza: a) “pura” (10%); b) ingenua o “dichiarata” (80%); c) “razionale” (10%).
Ella ha citato degli esempi (di episodi che denotano atteggiamenti di intolleranza anche in chi è convinto di essere “puro”) e ha sottolineato che, oggi, l’epiteto-offesa più ricorrente è “marocchino” (a fronte di quello più antico “zingara”, con cui una volta le madri apostrofavano le figlie spettinate o comunque non “in ordine”). Esiste – ella ha aggiunto – una fascia di stereotipi che i bambini imparano a casa. E proprio contro tali stereotipi deve intervenire la scuola, il cui compito precipuo è di educare alla tolleranza (non solo a quella razionale, “illuministica nel senso non positivo”, ma a quella che implica l’empatia, la “solidarietà del sentirsi come gli altri”).
L’INTERVENTO DELLA DOTT.SSA DINI CIACCI
La dott. Margherita Dini Ciacci, Vice-presidente nazionale dell’Unicef, ha ricordato come oggi i diritti dei bambini vengano quotidianamente offesi nel Terzo Mondo come in Italia: ci sono 100 milioni di bambini abbandonati, 10 milioni avviati alla prostituzione, milioni e milioni che muoiono per le guerre combattute sul pianeta (i quali, quando sopravvivono, muoiono “dentro”).
Se vogliamo un mondo di solidarietà e tolleranza – ella ha detto – dobbiamo fare della nostra vita una testimonianza, consapevoli che non si possono trasmettere valori nei quali non crediamo. Ella ha anche ricordato il pensiero della Montessori (“L’uomo giusto si costruisce attraverso un bambino che gioca”), la poesia di Russel (“Il violento di oggi è il bambino che ha subìto violenza”), il bisogno di solidarietà che è dell’intero mondo (oggi “un villaggio sempre più piccolo”).
Urge un patto di solidarietà fra gli interlocutori fisiologici dei bambini: famiglia, scuola, istituzioni, forze sociali, giacché “la mappa del malessere si attesta su cifre che chiedono impegni immediati”: gli adulti devono coniugare operatività e tensione morale, la popolazione infantile va dotata di scuole idonee, strutture, servizi sociali, culturali, del tempo libero.
Ella ha infine ricordato il progetto di Educazione allo sviluppo, proposto dall’Unicef alle scuole, il cui scopo è far crescere una cultura dell’infanzia e della solidarietà “attraverso la costante correlazione critica, fra realtà locale e mondiale, e la partecipazione attiva di ognuno e di tutti alla costruzione della pace”.
L’INTERVENTO DI DON RIGOLDI
Don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano (e fondatore dell’Associazione Comunità Nuova, che si occupa di giovani emarginati e di tossicodipendenti) ha ricordato di aver trascorso l’infanzia in un quartiere popolare, fra gente poco “morale” che aveva spesso a che fare con la giustizia; e di aver appreso dalla madre la filosofia del “non giudicare, ma capire”.
“Io incontro giovani – ha detto – i quali mi riferiscono di non aver mai avuto gratificazioni dalla vita e di sentirsi qualcuno solo con la pistola in pugno”. I ragazzi che arrivano al Beccaria, egli ha aggiunto, sono spesso antipatici, odiosi, aggressivi. Ma se un adulto sta loro vicino, con comprensione non paternalistica, e li riconosce “come persone”, essi si aprono.
Don Rigoldi si è chiesto: é normale il cittadino che è solidale, o quello che si fa i fatti propri? E ha definito “anormale” il secondo. Ha poi ricordato che, al Beccaria, c’è un Centro di prima accoglienza dove i giovani, fermati per motivi penali, restano 24-36 ore (è il GIP a decidere, poi, se il ragazzo resta in carcere o può tornare a casa, agli arresti domiciliari: capita, però, che il figlio dell’ingegnere vada sempre a casa, mentre quello di un muratore calabrese resta dentro, nel reparto penale, per “una giustizia quasi uguale per tutti”).
La “Ferraris” – ha concluso don Rigoldi – è una scuola fortunata (non molto lontano ci sono le scuole di Baggio, del Corvetto, i cui alunni prima o poi “arriveranno al Beccaria”) e ciascuno di noi dovrebbe osservare, riflettere, “avere senso critico e dare una mano”, per aiutare i giovani a crescere nella speranza.
IL DIBATTITO
E’intervenuta, poi, la prof. Marina Oliva (per un gruppo di genitori impegnati in un progetto del Comune di Milano sulla comunicazione genitori-figli gestito da Comunità Nuova), la quale ha parlato di tolleranza e solidarietà riflettendo soprattutto sul percorso interno a ciascuno di noi.
Ella ha illustrato le “posizioni comunicative” implicanti il subire, il fuggire, l’aggredire e il negoziare con l’altro (cui corrispondono: per la tolleranza, situazioni di servilismo, autocommiserazione, compatimento paternalistico, tolleranza “vera”; per la solidarietà, l’espiazione, l’associarsi per continuare a sbagliare, la “carità pelosa”, la solidarietà “vera”) e ha sottolineato come ciascuno di noi passi continuamente nelle quattro posizioni diverse anche nel rapporto adulto-ragazzo.
Ella ha infine auspicato che la scuola attivi, in tutte le sue componenti, l’attenzione a tutti i percorsi interiori formativi dell’individuo, giacché a essa e alla famiglia è affidato il compito di insegnare a comunicare con gli altri, a “conoscere senza pregiudizio”, a esprimere tolleranza e solidarietà.
Il dott. Ciaravella, dell’Associazione Solidarietà Creta, ha sostenuto l’opportunità – accanto agli interventi specializzati e professionali – anche di interventi più semplici (“su un disagio lieve, che potrebbe aggravarsi se non accolto”) e ha sottolineato la necessità di vivere la scuola come ambiente in cui si suscitano energie positive di collaborazione e solidarietà, non solo tra alunni, ma soprattutto tra adulti e famiglie. Ha quindi ricordato l’esperienza che l’ASC sta realizzando, con insegnanti e genitori, in una scuola elementare di via Narcisi.
Per le ACLI ha parlato il giovane volontario Paolo, che si occupa di aiutare e animare coloro che vivono nei Campi profughi della ex Jugoslavia. Tra l’altro egli ha ricordato il tentativo di legare gli alunni della “Ferraris” ai ragazzi bosniaci dei Campi, in un’esperienza di solidarietà e amicizia.
Una signora, in rappresentanza di un gruppo di volontari che si occupa di malati privi di assistenza, ha manifestato il suo plauso per l’incontro-dibattito e l’attenta presenza di tanti genitori e adolescenti.
Infine, dodici alunni della prof. Valeria Pratelli hanno letto altrettante definizioni dei concetti di solidarietà e tolleranza (elaborate dalla loro docente) e una ex allieva della “Ferraris”, Chiara Comani, ha recitato la toccante lirica “Solidarietà” del poeta Anselmo Pellecchia:
Sorridere al verde che cresce
nelle crepe di chi conobbe
la libertà nata da sale e sangue.
Non chiudere le imposte per ferire,
né uno sguardo caldo che si fermi
all’uscio, ma veda agitarsi
quant’è negli altri,
si sciolga in altre braccia
in un incontro privo di confini,
stringa una mano tesa e vuota
e scorga luce in altri occhi
d’uomini fatti come noi,
una carezza nello sguardo,
parole nuove, non l’indifferenza
o fonte che ostacoli la sete,
aprire il cuore come
lo schiudersi d’un fiore,
potere dire: è stato bello
incontrarci, per una fratellanza
che alla vita inneggi e alla speranza.
( La Voce della Scuola Nord-Sud, giugno 1993 )